martedì 23 luglio 2013
Il percorso della memoria dei libri e degli scrittori ci ricorda quello delle onde sulla sabbia, che ora cancellano ora lasciano riaffiorare le tracce, come nella canzone di Prévert il mare cancella i passi degli amanti disuniti. Quanti nomi scomparsi sono riaffiorati, di quanti, che consideriamo grandi, scopriamo percorsi frastagliati e zone lunghe di oblio. Senza neppur bisogno di censure o inquisizioni, secondo la tendenza dei tempi. Alcuni, scomparsi dopo la morte, riappaiono d'un colpo decenni dopo, osannati, ripubblicati, sottoposti all'elogio della critica. Di altri, si perde memoria, i libri restano ingialliti negli scaffali dei negozi di seconda mano, il loro nome si confonde con altri nomi di perduti, di dimenticati. È il tempo il grande giudice della grandezza di una scrittura, della profondità di un pensiero? O sono le nostre domande, mutando, che determinano l'altalena delle risposte e che ci portano nelle mani, alternativamente, ora uno ora l'altro degli scritti del passato? Solo pochi grandi sfuggono a questo spontaneo oscillare della fama e all'incostanza dei lettori. A questi pochi, ai grandi classici, ci attacchiamo invecchiando, quasi ci facessero partecipi di un poco della loro eternità.
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