martedì 25 gennaio 2011
Fa', o Signore, che noi stringiamo la tua mano nera perché la terra porti frutti di speranza. Fa' che stringiamo la tua mano gialla perché ciascuno guadagni il suo pane con dignità. Fa' che stringiamo la tua mano bianca perché fioriscano i boccioli di giustizia su tutti i rami. Fa' che noi stringiamo anche la tua mano rossa perché tutti gli abitanti dell'Africa, dell'Asia, dell'Europa e dell'America coltivino sotto tutti i cieli e in tutti i tempi campi di preghiera e giardini di pace.

Le mani di Dio non sono solo bianche, ma hanno tutti i colori della pelle dell'umanità, per questo, se vuoi stringerle, non devi esitare a tenere nella tua la sua mano nera o gialla o rossa. È, infatti, con le mani dei giusti di tutta la terra che Dio coltiva i campi della preghiera, fa sbocciare la giustizia, fa maturare i frutti della speranza trasformando il mondo in un giardino di pace. Ogni etnia, ogni popolo, ogni fede è necessaria per creare un mondo diverso da quello in cui le mani si staccano o, peggio, si armano l'una contro l'altra.
A scrivere la preghiera che oggi abbiamo proposto, a suggello della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, è stato Nabil Mouannès, un prete del Libano, terra che ha conosciuto sia il tempo delle mani differenti unite nella concordia, sia quello della furia dello scontro. La sua è un'invocazione necessaria nei nostri anni in cui spesso si crede che Dio sia solo bianco come un europeo o solo olivastro come un arabo. La malattia del fondamentalismo si annida nelle fibre nascoste delle religioni corrompendole. Bisogna ritrovare il grande respiro di Dio che ama tutte le creature uscite dalle sue mani in tanti profili e forme diverse e che le vorrebbe tutte " come dice il profeta Sofonia (3,9) " spalla a spalla, a invocare il suo nome.
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