sabato 19 febbraio 2011
Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il progresso evoca un'insonnia piena dell'incubo di "essere lasciati indietro", di perdere il treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera troppo in fretta.

«Il degrado è molto più rapido del progresso; se il progresso ha limiti, il degrado è illimitato». Qualche giorno fa abbiamo riflettuto insieme su questo asserto dello scrittore russo Sergej Dovlatov. Oggi ritorno sul tema da un'altra angolatura che mi è suggerita da un'osservazione che traggo dal saggio Modus vivendi (Laterza 2008) del sociologo polacco Zygmunt Bauman, divenuto celebre per la sua idea della «modernità liquida» (è il titolo di una sua opera del 2000), ossia di una società nella quale si dissolvono i punti fermi e si nuota in una sorta di fluido incolore, al massimo addensato di mucillagine. Ebbene, la sua nota sul progresso ci offre uno spunto suggestivo.
Altro che lasciarci cullare dai "sogni d'oro" di un procedere folgorante, altro che essere trascinati da un'evoluzione avanzante che elide il dolore e ritarda la morte fino a 120 anni, altro che la fiducia assoluta nella scienza e nella tecnica! L'uomo e la donna di oggi vivono nella tensione permanente di essere "scartati", di non riuscire ad afferrare lo sportello del treno del progresso che si ferma per pochi istanti nella loro stazione. Ecco, allora, quella patetica rincorsa verso l'ultima moda, la cura più sofisticata, l'idea più moderna. «Chi si ferma è perduto» è ritornato ad essere il motto del nuovo regime che impera sulle coscienze, creando due reazioni antitetiche. Da un lato, c'è lo scoraggiamento di chi non riesce a tenere il passo di un simile progresso e si ferma ai bordi della strada. D'altro lato, c'è chi si precipita nella rincorsa, raccogliendo solo stress e delusioni. Proviamo, invece, a camminare pacatamente, avanzando secondo i ritmi della vita verso un progresso umano e compatibile.
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