venerdì 7 novembre 2003
Volere il meno possibile e conoscere il più possibile è la massima che ha guidato la mia vita. La Volontà è infatti l'elemento assolutamente infimo e spregevole in noi: bisogna nasconderlo come si nascondono
i genitali, benché siano entrambi alla radice del nostro essere. Comincia così il "libro segreto" che il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) custodiva gelosamente come un vademecum strettamente personale e che è stato da poco tradotto in italiano col titolo L'arte di conoscere se stessi (Adelphi). In verità sono tante le pagine che meriterebbero una lettura e che ci aiuterebbero a penetrare nel segreto intimo della vita ma anche a stabilire un dialogo col mondo che ci avvolge, non senza una punta di realismo e persino di pessimismo, per altro congenito in questo pensatore. Non vogliamo entrare nel merito specifico della frase citata che si connette a un pensiero più generale di Schopenhauer. Ciò che ci preme è sottolineare più semplicemente che l'esaltazione eccessiva della volontà può essere pericolosa. Essa tante volte procede senza che si sia approfondita la conoscenza, creando così guasti irreparabili. Quante persone vogliono senza sapere, rivelandosi in tal modo stupidi oltre che avventati e prepotenti. Anzi, in molti casi reagiscono con veemenza perché il loro volere è frustrato; eppure dovrebbe essere ovvio che «non può tutto la virtù che vole», come diceva Dante (Purgatorio XXI, 105). Per questo il filosofo, che pure riconosce essere la volontà «alla radice del nostro essere», ci invita a quella dote così scarsamente diffusa ai nostri giorni, cioè al pudore. Pudore, certo, nella sfera sessuale, ma anche pudore e continenza nell'esercizio sfrenato, arrogante, spregiudicato della volontà. E, al contrario, rivolgersi a una pratica più assidua e rigorosa della riflessione e della conoscenza.
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