domenica 10 luglio 2005
Due monaci, che vivevano lontano, ebbero una visione perfettamente uguale: videro una strada coperta di tappeti e illuminata da innumerevoli lampade: essa tendeva verso il cielo. Un uomo d'aspetto venerabile e tutto risplendente spiegò loro: "È la via
per la quale Benedetto caro al Signore sale al cielo". Il secondo dei quattro libri dei Dialoghi di san Gregorio Magno, Papa dal 590 al 604, è dominato dalla figura di san Benedetto, un santo da sempre caro all'Occidente, ora divenuto ancor più vivo attraverso la scelta del suo nome da parte dell'attuale Pontefice. Domani la liturgia ne ricorderà la morte e noi abbiamo voluto evocarla proprio attraverso le parole di Gregorio che, nel suo ritratto del grande monaco, ricorre spesso alla spezia del prodigioso, al candore dei "fioretti", al fascino del miracoloso. La visione comune che i due monaci hanno per la morte di Benedetto è quella di una via trionfale, simile alla strada coperta di mantelli che attende Gesù nel suo ultimo ingresso a Gerusalemme. Certo, la santità è gioia, è festa, è speranza: quando la coscienza è serena sembra quasi di essere sospesi in aria e di veleggiare verso una meta luminosa. Tuttavia non bisogna dimenticare che, come è accaduto pure a Cristo, prima si apre davanti al giusto il sentiero aspro e irto di pietre del Calvario. Al discepolo Gesù ricorda che è necessario seguirlo portando la croce «ogni giorno», col respiro affannoso, con le spalle stanche, le mani e i piedi sanguinanti. L'autentica spiritualità incrocia in sé questi opposti: la croce e la luce, il dolore e la gloria. Ma il cammino è sempre fermo e sicuro perché non si è soli nel procedere e lo sguardo non si perde nel vuoto ma si fissa sul volto di Dio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: