venerdì 16 giugno 2006
Se non ti vedi bello, opera come fa lo scultore con una statua ancora informe: da una parte elimina, dall"altra assottiglia, qui leviga, lì ripulisce finché sulla statua non appare un bel volto. Così anche tu elimina ciò che è superfluo, raddrizza ciò che è storto, purifica e rendi luminoso ciò che è oscuro e non cessare di scolpire la tua statua finché il divino splendore della virtù non brillerà in te.Se scrivessi su una rivista femminile, qualche lettrice potrebbe pensare che suggerisco la chirurgia plastica che, per altro, tenta ormai ampiamente anche i maschi. E l"osservazione non è così banale come sembra: per molti, uomini e donne, la bellezza è soprattutto quella della pelle tonica, dei muscoli palestrati, delle gambe perfette, del naso raffinato, della carne soda e così via. No, chi scriveva queste righe era un filosofo che ha detto cose bellissime e profonde sull"anima, tanto da conquistare un santo e un genio come Agostino: era il filosofo neoplatonico Plotino (205-270) nel suo arduo e complesso capolavoro, le Enneadi (VI, 9, 9).E allora l"abbellimento a cui egli ci rimanda non è tanto la cosmesi esteriore, ma la trasformazione della nostra essenza intima. Si tratta di un lavoro delicato e impegnativo ben più faticoso dell"uso di un bisturi o dell"immissione di una bolla di silicone. Lo scultore, se solo colpisce troppo forte o nel punto sbagliato, può rovinare irrimediabilmente la sua opera. A maggior ragione quando di scena è lo spirito, il cuore, la vita di una persona. Ma questo esercizio di alleggerimento dai vizi, di abbellimento, di raddrizzamento delle storture ha una meta alta: non è solo quella di stare meglio, di vivere più sereni e di essere in pace con se stessi; lo scopo ultimo è far risplendere quel fulgore misterioso che è in noi. Perché l"uomo ha in sé una scintilla divina, ha un germe di eternità, un segno di trascendenza.
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