mercoledì 28 giugno 2006
La storia della mia anima è la storia del grano. Eccomi pane impastato, cotto, morso, masticato, distrutto. Di me non è rimasto niente. Non ho più da darti, mio Dio, né fiore, né frutto, né cuore, né opera; soltanto un boccone remissivo di pane secco. Ci si stupisce quando si passa in campagna di vedere ancora i campi con le messi pronte per la mietitura: da cittadini abbiamo perso il gusto di quell'evento che la Bibbia esalta anche nelle sue dimensioni simboliche e che forse è rimasto sepolto nei nostri ricordi con qualche immagine di aie, di falci, di trebbiatrici, di pula. Noi abbiamo ora evocato quell'elemento fondamentale dell'agricoltura attraverso le parole autobiografiche di una poetessa spirituale francese, Marie Noël (1883-1967). La consapevolezza della vera grandezza sta nella scoperta dell'essere come la realtà più semplice e quotidiana, il pane. È significativo che Cristo abbia scelto proprio questo segno così modesto ed essenziale per rendersi presente nella storia. Il pane viene sottoposto a un trattamento severo: manovrato, cotto, spezzato, masticato. Eppure si trasforma nella vita stessa della creatura vivente. Il suo annientarsi è sorgente di benessere per l'altro. E questa sua missione fa risaltare lo scandalo del pane sciupato. Leggevo qualche tempo fa che a Milano ogni giorno si gettano nella spazzatura 115 quintali di pane (ed è già un progresso perché una rilevazione precedente dava la cifra di 220 quintali!). È significativo che nel Nuovo Testamento si parli 97 volte di pane (per 38 volte è Gesù a evocarlo) e 6 volte del «boccone» di pane. Questo grande segno di vita e di semplicità potrebbe essere lo stemma ideale delle persone operose, sincere e semplici, perché - e lo diceva un letterato «laico», Francesco De Sanctis - «la semplicità è la forma della vera grandezza».
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