mercoledì 30 gennaio 2013
Vada (Livorno), giugno 1994 - Ora cammina, e osserva attento ogni cosa. Ha un anno e mezzo. Siamo appena arrivati da Milano e corriamo a salutare il mare. C'è un gran vento oggi, e, in spiaggia, nessuno. Con il bambino in braccio cammino fino a dove arrivano le onde. Lui scalcia: vuole scendere. Il viso verso di me, non ha ancora visto il mare. Si gira e se lo trova davanti, per la prima volta. Resta immobile, sbalordito. Davanti a lui le onde si gonfiano e si acquietano; e non c'è nulla tra noi e l'orizzonte, solo l'immensità del cielo.Pietro rimane muto, incantato. Poi di corsa torna verso di me, che seduta sulla sabbia lo aspetto; e mi si tuffa addosso, e mi abbraccia, come uno che abbia ricevuto uno straordinario regalo. Lo abbraccio anch'io, un po' meravigliata. Non crederà, mi dico perplessa, che l'abbia fatto io, il mare?«Tuo figlio invece ha avuto ragione», mi dice poi un amico sacerdote, «a correre ad abbracciarti, nell'istante in cui per la prima volta ha visto il mare. Non sei tu che lo hai fatto, però mettendo tuo figlio al mondo gli hai permesso di vedere quanto splendido è, il mare». (Vivessi cento anni, conserverei negli occhi l'attimo del voltarsi di mio figlio verso di me, pazzo di gioia; e, dietro, solo lo sterminato blu del cielo).
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