venerdì 30 giugno 2023
Ogni volta che torno a Roma, dove sono nato, cresciuto e continuo ad abitare, è come se la scoprissi per la prima volta: bastano pochi giorni d’assenza a ricreare, dentro di me, questo effetto lirico, per cui il passato viene cancellato e tutto si rinnova, pur conservando, in trasparenza, i cari stili di un tempo: il vecchio campetto transennato del Colle Oppio, proprio davanti alle arcate del Colosseo, nel quale giocavo a pallone da bambino, sembra uno spazio più piccolo rispetto alla dimensione leggendaria che per lunghi anni gli ho attribuito, eppure appena dietro la sua lastra lucida e scintillante di cui fa mostra oggi, con le famigliole di immigrati sudamericani venuti qui a consumare il picnic, faccio presto a ritrovare le sagome rugginose del centro capitolino alla fine degli anni Sessanta, quando, sulla spianata poco distante, dietro ai resti delle Terme di Traiano, c’era un luna park con la pista dell’autoscontro, irresistibile luogo d’attrazione per noi ragazzi dell’Esquilino, pronti ad inserire il gettone di gomma acquistato alla cassa nella feritoia della vetturetta posta sopra al volante in finta pelle quasi sempre screpolata. «Quando nomino la dimenticanza», scriveva Sant’Agostino, «so quello che intendo: ma donde lo saprei se non ne avessi il ricordo?». © riproduzione riservata
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