giovedì 8 aprile 2004
Tu solo sai come gravi sul cuore/ la preghiera nell'orto,/ quando gli alberi intendono la pena/ del nostro esilio./ Allora ricerchiamo i fratelli,/ che il sonno colse, ignari,/ allora chiediamo al Padre/ la pietà del dono di un cuore amico./ Ma non ci appare che un calice/ che respingiamo. «Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani"». Cristo s'avvia in quell'ultima sera della sua vita terrena verso quell'orto per una drammatica e solitaria preghiera, sotto lo stormire delle fronde di quegli ulivi che ancor oggi si levano nel giardino della Basilica dell'Agonia. Abbiamo scelto pochi versi della poetessa Donata Doni (1913-1972), pseudonimo emblematico di una donna colpita dalla sofferenza della malattia ma capace di "donarsi" a Dio e ai fratelli. Attingiamo all'antologia L'ombra della luce (Ancora 2003), dedicata alla ricerca di Dio nella poesia italiana del Novecento: citiamo questa fonte perché in essa sono tante le liriche oranti che potrebbero diventare meditazione. Tutti, prima o poi, incontriamo il giorno dell'orto degli Ulivi. Anche Gesù in quella notte prova la paura della morte, simboleggiata nel calice, prima umanamente respinto e poi accolto. Anche noi sentiamo con lui il gelo della solitudine quando non c'è più un "cuore amico" accanto a noi, perché gli altri sono presi dalle cose o dal sonno della distrazione. Persino il Padre celeste sembra muto, reggendo in mano il calice del nostro destino. Ma bisogna, come Cristo, continuare a pregare: forse anche a noi apparirà un angelo dal cielo a confortarci (Luca 22, 43) e a farci sperare nell'alba pasquale.
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