venerdì 20 luglio 2007
Dilata il tuo cuore. Va' incontro al sole dell'eterna luce che illumina ogni uomo. È una luce che splende su tutti, ma, se tu chiudi la porta della tua mente, chiudi fuori anche Cristo. Benché egli possa entrare, tuttavia non vuole introdursi da importuno, non vuole costringere chi non vuole.
In questo quieto sabato estivo sto leggendo un libro che avevo riservato a un'analisi più attenta, durante un periodo più pacato. È il saggio del card. Angelo Scola, patriarca di Venezia, dedicato a Una nuova laicità (Marsilio). Il dettato è denso e intenso, il pensiero è suggestivo e nitido, come accade negli scritti di questa importante figura ecclesiale italiana che mi è cara anche per le comuni origini geografiche. Ora, in una pagina m'imbatto nella citazione che sopra ho trascritto. È s. Ambrogio che parla nel suo Commento al Salmo 118.
L'immagine sottesa è, però, quella duplice " appartenente alla simbolica giovannea " della luce che risplende nelle tenebre e della porta a cui Cristo bussa per essere accolto a cena. Il tema è esplicito: è solo attraverso la libertà che sboccia l'incontro e il dialogo. Bisogna correre il rischio di aprire il guscio protetto del nostro io, della nostra tranquillità se si vuole scoprire il mistero, la luce, la trascendenza. Noi spesso viviamo con tante paratie levate; la porta blindata è il simbolo di una società che ha paure sociali ma che anche non vuole osare, mettersi in causa, rompere una placidità un po' egoista e inerte. Benché Cristo possa entrare, non forza mai le porte, vuole che sempre ci sia una nostra decisione libera, una scelta personale e cosciente.
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