mercoledì 19 dicembre 2007
Non esiste una pianta grassa irta di spine che non lasci spazio anche per un piccolo bocciolo di fiore.
È uno dei «pocket» in inglese che si trovano nelle edicole degli aeroporti stranieri e contiene una raccolta di detti proverbiali dei vari continenti. Non so come, ma è riaffiorato tra i miei libri e mi ha offerto - con questo aforisma africano - uno spunto suggestivo di riflessione. In molte case si custodiscono piante grasse che sopravvivono lungamente senz'acqua e che sono avvolte in una cortina di spine più o meno acuminate. Eppure, quasi miracolosamente talvolta riescono a far emergere fiorellini dai colori ora accesi ora tenui, oltre naturalmente a offrire quel verde costante che le contraddistingue. La parabola è semplice e fa il paio col nostro - molto meno poetico - proverbio secondo il quale «ogni ladrone ha la sua devozione».
Un racconto apocrifo molto noto narra che Gesù di fronte alla carogna di un cane morto, mentre i suoi discepoli ne segnalavano il disgusto, esclamasse: «Guardate i suoi denti: sono candidi come chicchi di grandine!». In ogni creatura, anche dietro le apparenze più infami e le storie più vergognose, alberga un'oasi, sia pure striminzita, di bontà e umanità. Il vero cristiano dovrebbe puntare a quel varco per allargarlo, prima di ergersi a giudice inesorabile del resto, segnato dal male. È un po' il motto di Cristo, «cercare ciò che è perduto», o per ricorrere a un'immagine isaiana ripresa anche da Gesù, riutilizzare la canna incrinata e non spegnere il lucignolo fumigante. Non è "buonismo" a tutti i costi, ignorando il male, ma è scommettere sulla forza dirompente del bene. Finisco con un altro proverbio tratto da quel libretto. È tibetano: «Nessuno è nato sotto una cattiva stella. Ci sono piuttosto persone che non sanno comprendere il cielo».
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