La novità di WhatsApp e il diritto al tempo libero
venerdì 25 febbraio 2022
Cosa sia WhatsApp lo sappiamo ormai praticamente tutti. Per quei due o tre che ancora non lo sapessero, è un'app di messaggistica, comprata da Facebook per 19 miliardi di dollari. Secondo l'ultimo rapporto «We Are Social 2022», ha 2 miliardi di iscritti nel mondo ed è in assoluto la piattaforma più gradita dagli utenti. In Italia la usa il 90,8% delle persone collegate a Internet. Molte di più di Facebook (78,6%), Instagram (71,5%), Telegram (45,3%), TikTok (28,9%) e Twitter (28,2%).
Torniamo ad occuparci di WhatsApp per un motivo ben preciso. È in arrivo una novità che impatterà sulle vite dei suoi utenti. Si chiama WhatsApp Community ed è destinata a cambiare l'esperienza dei «gruppi». E cioè di una delle funzioni più amate e al tempo stesso mal sopportate dell'app come sanno bene tutti coloro che fanno parte dei gruppi WhatsApp dei genitori della scuola o anche solo degli amici del calcetto. Sono perfetti per comunicare con cerchie di persone diverse, ma al tempo stesso generano un numero impressionante di messaggi (e quindi di notifiche) praticamente inutili. La novità delle «community» ha un aspetto pratico e un altro «sociale». Partiamo dal primo. Se avete un'azienda, se gestite un'associazione o un profilo WhastApp parrocchiale vi tornerà utile. Si tratta di gruppi all'interno dei quali i partecipanti possono organizzarsi in sottogruppi, per discutere di progetti e interessi precisi. Detta in maniera ancor più chiara: «le Community saranno una nuova tipologia di chat di gruppo, divise in sottoinsiemi a seconda delle proprie necessità». Per ora si potranno creare fino a 10 sottogruppi.
Questa novità, indubbiamente utile e pratica, ha però anche un aspetto non meno importante. Non è difficile prevedere infatti che prenderà ancora più piede in ambito lavorativo e professionale. E non è un caso che WhatsApp non l'abbia limitata ai suoi profili business. Un po' per smarcarsi da rivali come Telegram, ma soprattutto per abbattere ancor di più quel muro sempre più sottile che ormai divide il nostro privato dal nostro mondo professionale. Fino ad oggi, infatti, WhastApp veniva usata prevalentemente per comunicazioni private (famiglia, amici, parrocchia, calcetto, gruppo sportivo eccetera). Con l'aumento esponenziale del suo uso professionale è facile prevedere che il nostro tempo digitale si mischierà ancora di più, anche fuori dell'orario di lavoro. Per la serie: «tanto siamo sempre connessi». Così però avremo sempre meno tempo digitale "privato". Col risultato che saremo ancor più invasi da notifiche professionali anche in quello che dovrebbe essere il nostro tempo libero.
Non è un problema da poco. Non a caso sin dal 2016 la Francia ha deciso di vietare le mail e i messaggi aziendali nei fine settimana. E non è un caso che, soprattutto dopo il boom di comunicazioni digitali esploso con lo smartworking, alcune aziende anche italiane come UniCredit e Cattolica Assicurazioni abbiano siglato accordi che vietano le comunicazioni digitali fuori dall'orario di lavoro.
Il «diritto alla disconnessione» non è solo un'esigenza di coloro che amano poco le tecnologie, ma qualcosa che dobbiamo pretendere e dare agli altri. Perché, rimanendo su WhatsApp, è vero che un'app che usiamo tutti ma è purtroppo altrettanto vero che una larga fetta di persone non ha ancora chiaro che va fatto rispettando il tempo e gli spazi altrui.
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