giovedì 22 novembre 2007
Dicono che la musica abbia per effetto di elevare l'anima" Sciocchezze! Non è vero. Agisce, agisce tremendamente, ma non nel senso di elevare l'anima; non la eleva né l'abbassa, la esaspera.
Amo tanto la musica e, perciò, non volevo lasciar passare la festa di s. Cecilia senza parlare di quest'arte. Sono, allora, andato a cercare un passo significativo e ho pensato a qualche testo che avesse la musica nel titolo e m'è venuto subito in mente La sonata a Kreutzer (1889-90) di Tolstoj, racconto terribile ma possente. E ho trovato questa frase anch'essa terribile che, però, non può essere facilmente accantonata. Certo, sappiamo che il grande Cervantes era convinto che donde hay música, no puede haber cosa mala e lo stesso Lutero in un suo scritto intitolato Frau Musica ribadiva che «non può esserci animo cattivo dove cantano gli amici».
Tuttavia non bisogna dimenticare che già i Greci sapevano che, accanto alla musica «apollinea», fonte di armonia, bellezza e gioia, c'è anche la musica dionisiaca che acceca, travolge e sconvolge. E qui il pensiero corre, senza voler essere troppo raffinati o prevenuti, a certe espressioni della musica giovanile di oggi: prima ancor di parlare di «rock satanico», ciò che sconcerta è appunto l'esasperazione che quel suono induce, spaccando i timpani, torturando il cervello, isolando la persona in uno stato irrazionale, generando reazioni fisiche sguaiate, eccitate da alcol e droga. Difficile è, a quel punto, stabilire la frontiera tra musica e suono devastante, tra ebbrezza e accecamento. Ma, lasciando a parte questo estremo, è un po' vero per tutti che la musica può essere sia uno strumento di esaltazione interiore, di luce e di liberazione, ma anche di esasperazione, di inasprimento, di sofferenza, di svelamento del vuoto che è in noi.
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