venerdì 13 ottobre 2006
Sentir parlare di guerra da uomini che sono stati in guerra è sempre interessante; mentre sentir parlare della luna da un poeta che nella luna non è mai stato è normalmente noioso.La luna in cielo sta restringendo la sua faccia, avviandosi dal plenilunio verso l"ultimo quarto. È uno spettacolo che ha sempre affascinato l"uomo e, se ha prodotto capolavori di poesia e di pensiero come il Canto notturno di un pastore errante dell"Asia di Leopardi, ha tuttavia dato la stura anche a insopportabili legioni di versificatori, convinti di essere stati toccati dal fremito del genio. Su di essi sghignazza quella mala lingua che era lo scrittore americano Mark Twain nel suo libro di scritti autobiografici e di cronache Vita sul Mississippi (1883). In verità, sono noiosi per la loro parte anche i reduci quando ti raccontano le loro memorie di guerra, sempre ricche di nuove invenzioni, pur nella sostanziale reiterazione della narrazione (tutti abbiamo avuto un nonno o un padre o uno zio che ha fatto l"ultima guerra e che non si rassegna a non ripetere le avventure vissute).Ciò che vorrei sottolineare nelle parole di Twain contro i poeti dilettanti (e quanti sono!) è un difetto dal quale non è immune nessuno, la melensaggine. I sentimenti sono un valore, ma guai quando abbondi con la melassa! Anche in religione, la devozione è importante, ma guai a eccedere nel devozionalismo banale e fatuo! È proprio il sentimentalismo a generare reazioni contrarie di asprezza in tante persone. Aveva ragione un"altra mala lingua, lo scrittore inglese Oscar Wilde, quando affermava che «il sentimentale è chi desidera il lusso di un sentimento senza pagare per averlo» (così nell"opera De profundis).
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