sabato 13 ottobre 2007
Ho imparato dalla malattia molto di ciò che la vita non sarebbe stata in grado di insegnarmi in nessun altro modo.
Questa considerazione tratta dalle Massime e riflessioni del grande Goethe ha valore per ogni tipo di dolore, una realtà nei cui confronti siamo naturalmente allergici, nonostante essa sia radicalmente impastata con la nostra stessa qualità di creature limitate, caduche, mortali. Potremmo dimostrare a lungo la verità dell'asserto del celebre poeta tedesco. Ci accontentiamo solo di qualche spunto tematico, partendo proprio dalla malattia. Essa innanzitutto ci rende coscienti del nostro limite, abbattendo ogni illusione (o delirio) di onnipotenza. Ci rivela che abbiamo bisogno degli altri, trasformandoci da padroni in mendicanti. Ci fa ritornare un po' bambini, riacquistando la semplicità del piccolo che ama essere coccolato.
Rinascono, così, i sentimenti, rifioriscono i legami autentici, si riscopre la bellezza dell'essere amati. La malattia ci insegna, poi, la vera gerarchia dei valori: la ricchezza in quel momento mostra la sua impotenza perché, se anche ci permette di avere medici di alta competenza, non ci salva definitivamente dalla sofferenza e dalla morte. Quando il dolore percuote una vita, si assiste non di rado anche a una nuova tensione verso il mistero e verso Dio: c'è una costante in tutte le civiltà, la preghiera del malato. E anche l'urlo quasi blasfemo, che in certi momenti affiora alle labbra, è forse un estremo appello lanciato a Dio perché si chini sulla nostra desolazione. Il dolore è, dunque, un grande maestro di vita, proprio come osservava Goethe.
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