martedì 30 settembre 2003
Parliamo spesso del contenuto della Scrittura e pensiamo che questo costituisca il messaggio. Non è vero. Il contenuto è ogni persona che legge la Bibbia. Il messaggio non sono le parole, sono gli effetti in noi. Nel giorno dedicato dalla liturgia a s. Girolamo, grande traduttore e interprete della Bibbia, lasciamo la parola a un autore a prima vista estraneo a questo orizzonte, il famoso sociologo canadese Marshall McLuhan (1911-1980), un protestante convertitosi al cattolicesimo. Ebbene, egli era solito svegliarsi presto al mattino per ritirarsi nel suo studio a leggere la Bibbia in più lingue. Così, nelle sue riflessioni sulla religione intitolate La luce e il mezzo (ed. Armando) egli delinea la straordinaria efficacia di questa lettura dalla quale non si può uscire indenni. Certo, la sua affermazione è esagerata perché c'è un messaggio "in sé", oggettivo, nel testo sacro, come in ogni altra opera. Tuttavia egli ha ragione non solo nell'evocare la dimensione "soggettiva", cioè gli "effetti" che un'opera genera nel lettore, ma anche nel sottolineare che questo fatto è unico nella Bibbia. In essa, infatti, opera il "dito di Dio", soffia lo Spirito Santo, si irradia la grazia tarsformante e salvante. E' per questo che ha senso parlare di Tradizione: essa è la Bibbia vivente nella Chiesa e nel singolo credente. Purtroppo spesso noi siamo opachi e resistenti alla forza di questa Parola. Ce lo rimproverava già il filosofo anticristiano F. Nietzsche quando invitava i fedeli a non insistere tanto sulla lettura del testo sacro da parte degli increduli ma a mostrar loro con la vita e il volto la verità della Scrittura vivente.
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