domenica 24 settembre 2006
Laggiù all'orizzonte sulle acque amare, deserte, naviga certe sere Dio con una sua barchetta, invisibile passerà accanto a te che nuoti disperato e ti toccherà con la sua mano. È un rimpianto che mi è sempre rimasto: anche per ragioni cronologiche (è morto nel 1972), non sono riuscito a conoscere personalmente Dino Buzzati, uno scrittore che ho tanto amato, e, con me, credo non pochi miei lettori (e non solo per il suo Deserto dei Tartari"). Lo voglio oggi far parlare - ricordandone il centenario della nascita - attraverso queste sue righe che trovo citate nel bellissimo ritratto spirituale e umano che Lucia Bellaspiga ha delineato nel volume dal titolo buzzatiano emblematico, «Dio che non esisti ti prego» (ed. Ancora). Delicata eppur intensa è l'immagine della barchetta di Dio. Egli, nonostante le folgori del Sinai e la tempesta di Giona o il diluvio di Noè, non ama né le corazzate né i transatlantici che, al loro passaggio, sconvolgono le acque e affogano chi si trova sulla loro rotta. Dio ama le piccole imbarcazioni dei pescatori di lago che lievemente trapassano di onda in onda: se c'è un uomo in acqua che è in difficoltà, lo possono accostare agevolmente, prenderlo per mano e issarlo a bordo. Forse era questo il Dio che Buzzati sperava di incontrare e che avrà scoperto oltre l'estuario della sua vita terrena. Il Dio che stende la mano per toccarti e far rifiorire la speranza. Proprio come cantava il re Davide, quando si sentiva naufrago tra onde tempestose: «Il Signore stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene» (Salmo 18, 17.20).
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