mercoledì 30 ottobre 2002
Troverai sollievo alle vane fantasie se compirai ogni atto della tua vita come se fosse l'ultimo. La sua famiglia era di origine spagnola, egli però era nato a Roma nel 121 d.C. A quarant'anni divenne imperatore e durante le campagne militari (morirà nell'odierna Vienna nel 180) annotava le proprie meditazioni, spesso stimolate dalla sua adesione giovanile alla filosofia stoica. Stiamo parlando dei Colloqui con se stesso
(o Ricordi) dell'imperatore Marco Aurelio, ai quali abbiamo attinto per l'odierna riflessione. La frase citata è una sorta di motto, di insegna, di programma di vita: considerare ogni nostro atto importante come se fosse l'ultimo, sintesi e suggello di un'esistenza. Una volta i direttori spirituali raccomandavano ai sacerdoti di celebrare ogni Messa come se fosse la prima o l'ultima, con la stessa intensità ed emozione. È facile capire che questo non è pienamente possibile perché la fragilità umana impedisce una simile coerenza e non sopporta una tale tensione. Naturalmente questo vale anche per tutte le altre scelte o azioni rilevanti dell'esistenza. Tuttavia il monito di Marco Aurelio ha una sua verità e ci dev'essere di stimolo almeno per contrastare "le vane fantasie", come egli le chiama, cioè la superficialità, la banalità, la frenesia con cui maciniamo e dissolviamo parole, opere, amori, incontri, esperienze. Ritroviamo più spesso uno spazio di riflessione su chi siamo e ritagliamo un alone di coscienza su ciò che facciamo e diciamo.
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