venerdì 20 maggio 2022
«Tutto bene. Con il caldo, il rush finale a scuola, e i ragazzi che implorano un 6…». Il messaggio di un giovane insegnante, sul cellulare. Fulmineo il flash back, in questa mattina di maggio. Sì, il caldo degli ultimi giorni, le grosse tende di lino grezzo calate sulle finestre - immobili, non un filo di vento. Sulla lavagna, un'equazione - radici quadrate, incognite, tante incognite. Sento ancora l'accelerare del cuore davanti a quella ragnatela incomprensibile, in cui però dovevo avventurarmi: perdendomi, uscendone inesorabilmente con risultati assurdi, o numeri periodici tesi all'infinito.
Ma era l'ultimo compito in classe, e appena una settimana alla fine. L'ansia dei quadri (mi rivedo nella mischia dei compagni, accaldata, tesa a cercare sulla mia riga algebra, chimica, fisica). Me la cavavo sempre, in qualche modo. Poi, i ragazzi se ne andavano e il liceo restava deserto, e così grande, senza le nostre voci. Nelle aule mosconi prigionieri ronzanti, il titolo di un tema sulla lavagna. Via, via dalla scuola. Un treno ci avrebbe, in una notte, portato in montagna - il profumo di resina dai tronchi sui vagoni merci, a Calalzo. Un altro mondo: silenzio, pascoli, albe da trasecolare. Lo spalancarsi dell'estate alla fine della scuola, a quindici anni: il tempo davanti mi pareva infinito. E, ora, quanto dolorosamente si è accorciato. (Daglielo, quel 6 ai tuoi alunni, mio giovane amico)
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