L’elettricità porta la svolta ma solo la pace dà futuro
Torno nelle Filippine (dove avevo speso i primi dieci anni di attività missionaria), dopo ventidue passati in Papua Nuova Guinea. I cambiamenti sono tanti e generalmente positivi. Tutto è cresciuto e migliorato. Eccetto il clima, ancor più piovoso e devastante. E la corruzione amministrativa, forse ancora più colpevole della pioggia nel caso di argini e dighe che crollano a causa del latrocinio sulla qualità dei materiali. Ho visitato la vecchia missione Pime dell’Arakan Valley, isola di Mindanao, a sud. Era ancora poverissima venti anni fa. Solo sentieri e strade fangose. Lumini nelle case. Trasporti a dorso di mulo. Niente telefono. Violenza, tensione ed estorsioni per la presenza dell’insurrezione maoista. Frequenza scolastica difficile per i bambini e i giovani. Ho osservato e parlato con tante persone per identificare i mezzi o le iniziative che hanno permesso in due decenni il balzo in avanti. Anzitutto va riconosciuta la volontà o la capacità del governo di dare finalmente attenzione e investire migliorando anche le aree rurali. Quattro fattori concomitanti e molto pratici poi hanno fatto la differenza: strade, elettricità, internet, pace. Le aree remote rimangono rurali, per fortuna, ma le strade permettono di passare dall’agricoltura di sussistenza a quella di mercato. Non più solo il mais e il riso per lo stretto consumo familiare, ma anche le banane nel caso di Arakan Valley e municipalità limitrofe, poi in misura minore anche la palma da olio e l’albero della gomma. Grandi camion caricano sul posto e scaricano direttamente sui mercati di Manila. Potrebbe essere qualsiasi altro prodotto che si adatta al suolo e al clima. Con le strade arrivano le linee della corrente elettrica, non solo per illuminare casupole un tempo buie alle sette di sera ma per far funzionare macchinari da lavoro, caricare i telefoni, migliorare l’insegnamento nelle scuole con computer e proiettori. Senza elettricità non c’è mondo moderno, sviluppo economico, progresso culturale. Tutto rimane ibernato e fossilizzato in un passato a cui nessuno, a torto o a ragione, intende più tornare. Tanto più ora che ogni dato di conoscenza, decisione, dibattito e accordo corre su internet. Un clic fa una grande differenza in città, ma forse ancora di più in campagna dove in passato le distanze rendevano la comunicazione così lenta. Non più! Internet costa poco, fa guadagnare molto e risparmiare tantissimo. Velocizza e annulla infiniti ostacoli. Il progresso economico, culturale e sociale, la possibilità di lavoro e di un’entrata, riducono la necessità di legittime proteste e rivendicazioni. Ancor più annullano il reclutamento dei giovani da parte di forze politiche ideologizzate, violente e antidemocratiche. Wala nang giyera (non c’è più la guerra), mi dicono in tanti un po’ sottovoce in Arakan Valley, apparentemente contenti, ma ancora guardinghi dopo decenni di conflitto con il New People’s Army. È una pace armata, con un battaglione di fanteria ancora di stanza nell’area. Ma è finita da parte degli insorti comunisti l’occupazione di villaggi remoti, il controllo sulla popolazione, l’ostilità e il ricatto verso gli uomini e le istituzioni del governo. Sono finite anche le tasse rivoluzionarie imposte ai commercianti locali. In effetti, il progresso senza pace sarebbe amaro e incompleto. Forse impossibile.
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