giovedì 16 febbraio 2006
Qualsiasi cosa inizi a fare, rifletti a dove vuoi arrivare. Trovo questa citazione in una raccolta di Racconti Proverbi" e Ghiribizzi, opera divertente di un latinista, Tonino Pelosi. Naturalmente questo proverbio è là citato nell'originale: Quidquid conaris, quo pervenias, cogites. Si tratta di una delle oltre 700 "sentenze" appuntate da un poeta latino del I sec. a.C. di origini orientali, noto come Publilio Siro. La considerazione è semplice e, si direbbe, scontata. Eppure è tutt'altro che praticata, soprattutto ai nostri giorni nei quali domina l'approssimazione, la superficialità, l'impulso istintivo, l'irriflessività. Avere chiara una meta e su di essa modulare le scelte e l'azione è una dote di pochi ed è vista quasi con disprezzo come una vana lentezza o un impaccio, in un tempo fatto solo di decisioni rapide e incalzanti. Certo, non si deve essere così pedanti, "gravi" e seriosi da rendere alla fine una scelta talmente protratta da essere inefficace o superata. Ma l'agire con leggerezza e soprattutto senza tener conto di un progetto, di una previsione delle conseguenze, di una verifica degli ostacoli può essere ben più deleterio. Di questa incoscienza abbiamo spesso testimonianza in campo economico, con esiti disastrosi che trascinano con sé nel baratro tanti incolpevoli. Molti lettori ricordano forse a memoria le parole dantesche messe in bocca a Beatrice: «Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:/ non siate come penna a ogni vento» (Paradiso V, 73-74). Ritrovare la capacità di ponderare è la virtù della prudenza che Gesù sceneggia nella figura del costruttore di una torre o nella strategia militare di un re (si legga Luca 14, 28-32). Ed è stato ancora Cristo a coniare quel motto prezioso: «Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe» (Matteo 10 ,16).
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