venerdì 16 marzo 2007
Non mi piace la via che conduce qui e là. Non bevo alla fonte verso cui tutti s'intruppano. Detesto ciò che è comune, popolare e senza regole. Così scriveva nel III sec. a.C un raffinato poeta greco che visse ad Alessandria d'Egitto, Callimaco. Anche il suo stile, squisito eppur denso di dottrina, esprimeva la tesi che è formulata nella citazione. Due e antitetiche sono le considerazioni che essa mi suggerisce. Innanzitutto il poeta ci invita a non lasciarci sedurre dalla massa e dall'opinione dominante. C'è quel verbo che noi abbiamo tradotto con «intrupparsi»: esso ben illustra una forte tentazione vigente ai nostri giorni ed espressa col termine nobile di «omologazione». In realtà, si tratta di becero accodarsi a chi grida di più o è più furbo nel piazzare la sua merce o le sue idee. È terribile quando, soprattutto per i giovani, si usa il termine di «branco» perché così si mostra anche l'aspetto truce e violento che il mucchio selvaggio incarna. Machiavelli nel Principe osservava che «deve stimarsi poco vivere in una città dove possono meno le leggi che il volere degli uomini». L'imperio della massa è pericoloso e paradossalmente non conduce a una maggiore libertà o alla democrazia, ma alla tirannide e all'amoralità. Detto questo con vigore, si deve però essere anche un po' reticenti riguardo alla proposta di Callimaco. Non bisogna, infatti, lasciarsi sedurre da una tentazione opposta, quella dell'isolamento sprezzante ed elitario. Ci si arrocca nelle proprie idee, si disdegna il contatto con la gente, si ha in abominio chi è più in basso, più misero, o meno intelligente. Conservare, dunque, la propria identità e dignità senza cadere nell'arroganza: questo è il vero modello del vivere sociale.
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