sabato 13 agosto 2011
Che fortuna possedere una grande intelligenza: non ti mancheranno mai le sciocchezze da dire!... La sottigliezza non è ancora intelligenza. Anche gli sciocchi e i pazzi a volte sono straordinariamente sottili.

Il filosofo Kant citava con orgoglio il poeta latino Orazio: Sàpere aude!, «osa sapere», e sviluppava il motto così: «Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza!». Parole sacrosante quando ci vediamo assediati da un'ostentazione e da uno sfoggio di ignoranza e volgarità, che spesso si accompagna all'esibizione della violazione delle norme e delle leggi. Anche ad alto livello si è ormai sdoganata l'insensatezza; persino la corruzione è sottratta alla giustizia; il luogo comune e la stessa menzogna hanno ricevuto una patente di verità. Abbiamo fatto tutte queste premesse perché non vorremmo che le righe così mordaci – sopra citate – del grande scrittore russo Anton Cechov (1860-1904) divenissero un alibi per il disprezzo del sapere.
Ciò detto, bisogna anche riconoscere che l'intelligenza è un'arma a doppio taglio. Incide nella verità svelandola, ma può anche colpire in modo tremendo e fin crudele. Infatti, l'intelligente non solo può talvolta emanare sciocchezze più clamorose di quelle dello stupido, ma può anche andare alla deriva in una sorta di coerenza priva di etica e di umanità. Tanto per esemplificare, le armi più sofisticate e distruttrici non le crea certo un idiota e le offese più maligne sono spesso prodotte da menti sofisticate, così come alcune degenerazioni sociali. Cechov aggiunge una nota ulteriore. La finezza tagliente dell'intuizione non è sempre sinonimo di intelligenza perché può portare verso eccessi e follie. Ha, perciò, ragione il re Salomone quando chiede a Dio non tanto l'intelligenza ma la sapienza, «un cuore docile che conosca la giustizia» (1 Re 3,9).
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