martedì 8 luglio 2014
«Umanamente parlando, è più importante suonare il violino, magari malamente, che scrivere ponderose opere su argomenti astrusi». Siamo su una nave per emigranti diretti in America, dall'Inghilterra. Poveri, diseredati, ma la scoperta di un violinista a bordo, silenzioso e sofferente, che nonostante gli stenti suona, cambia la situazione, riporta felicità e speranza. Chi scrive, in Emigrante per diletto, è un viaggiatore particolare, il giovane benestante Robert Louis Stevenson, presto famoso scrittore grazie a capolavori tra cui L'isola del tesoro. Il musicista scalcagnato riporta nell'umanità in viaggio il brivido di un'antica armonia, dimenticata. L'emozione primaria dello spirito, la musica. L'ebbrezza della vita. Nella nave della nostra vita, l'artista, che riporta il soffio dello spirito nell'umanità in viaggio, è il violinista. Mentre lo studioso pedante e astruso non ha relazione con la nostra anima. Al contrario il vero pensatore, il filosofo, è l'uomo che cerca, con il duro travaglio del pensiero, il senso fondamentale della nostra vita. Platone, il fondatore della filosofia, aveva in sé anche lo spirito del violinista. Cercava la primordiale armonia delle sfere. La incontrò, in ascesi, udì e narrò la musica astrale delle Muse. L'artista con il suo istinto vivificante, e il pensatore, sono due parti dell'uomo, che si nutrono a vicenda. Vincono il silenzio dell'anima e lo scoraggiamento del pensiero.
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