giovedì 17 marzo 2005
 La natura ha delle perfezioni per mostrare che è l"immagine di Dio, ma ha anche dei difetti per mostrare che ne è soltanto l"immagine.Così il grande Pascal nei suoi Pensieri (n. 90 ed. Brunschvicg). La natura si svela in tutta la sua magnificenza e potenza e sembra ammiccare al Creatore. Anzi, in tutte le religioni c"è la convinzione che Dio parli di sé attraverso il creato. Il Salmista ne è certo: «I cieli narrano la gloria di Dio" Non è linguaggio e non sono parole di cui si oda il suono; eppure per tutta la terra si diffonde la loro voce» (19, 2-5). C"è, dunque, una rivelazione cosmica aperta a tutti; l"universo è un riflesso dell"infinita grandezza e potenza del suo Signore, ne è un"immagine vivida. Tuttavia è indiscutibile che la natura rivela imperfezioni e limiti incompatibili col concetto stesso di Dio. È per questo che essa non può identificarsi col Creatore né essere adorata, come è spesso accaduto nella storia dell"umanità. Si configurano, allora, due atteggiamenti opposti: da un lato, la contemplazione del creato perché «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l"autore» (Sapienza 13, 5); d"altro lato, la tentazione di un materialismo sacrale che piomba nell"idolatria. È quest"ultimo un rischio sotteso a una certa visione anche ecologica radicale, a una conoscenza che si affida solo alla realtà sperimentale, a una visione della vita basata solo sul benessere e la corporeità. È ancora il libro biblico della Sapienza ad ammonire: «Se, stupiti per la bellezza degli elementi cosmici, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza» (13, 3).
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