
Dalla comprensiva Suor Angela di Che Dio ci aiuti alla ruvida Teresa Battaglia. Per scrollarsi di dosso un personaggio amato, ma che iniziava ad andarle un po’ stretto, a Elena Sofia Ricci ci voleva una commissaria di polizia spigolosa e scostante alle prese con serial killer nel freddo delle Dolomiti friulane. Un’esperta profiler, capace cioè di tracciare il profilo psicologico e comportamentale dell’autore di un crimine. Una figura femminile complessa e contraddittoria proprio come i boschi misteriosi, silenziosi e innevati in cui si sviluppa la storia di Fiori sopra l’inferno, la serie thriller da ieri su Rai 1 con tre prime serate da sei episodi, tratta dal romanzo di Ilaria Tuti, prodotta da Rai Fiction e Publispei, diretta da Carlo Carlei, scritta da Donatella Diamanti, Valerio D’Annunzio e Mario Cristiani, con a fianco della Ricci due attori come Giuseppe Spata, nei panni del giovane ispettore Massimo Marini in fuga da se stesso e dal proprio passato, e Gianluca Gobbi, l’ispettore capo Giuseppe Parisi che meglio di altri conosce le ferite e le fragilità che Teresa nasconde dietro la patina di durezza e cinismo e che l’hanno portata a essere la donna che è, con un passato doloroso, l’Alzheimer che la sta aggredendo e un’attenzione particolare per l’infanzia violata. Non a caso coprotagonisti di Fiori sopra l’inferno sono quattro ragazzini con storie familiari difficili e attenzioni morbose da parte di alcuni adulti. In effetti nella nuova serie di Rai 1 c’è un po’ di tutto, compreso qualche eccesso nella caratterizzazione dei personaggi (si pensi ad esempio al bidello della scuola). Se la serie sarà capace di miscelare a dovere temi complessi come la malattia e la pedofilia all’interno di un genere tra il giallo e il mistery lo vedremo soprattutto nei prossimi episodi.
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