venerdì 7 settembre 2007
Prima di buttarsi in un pericolo, bisogna saperlo prevedere e temere. Ma una volta che ci si è dentro, non rimane altro che disprezzarlo.
Mi hanno regalato un'antica e splendida edizione delle Avventure di Telemaco del vescovo e scrittore francese François Fénelon. Si tratta di un vasto romanzo pedagogico sull'arte di governare se stessi e gli altri, prendendo come spunto un immaginario viaggio di Telemaco alla ricerca di suo padre Ulisse, avendo per guida Mentore, un saggio maestro di vita. Gli spunti che il libro offre, anche a livello di rispetto delle idee altrui e di tolleranza, sono molteplici e significativi. Sfogliando quelle pagine, m'imbatto nell'ammonimento che oggi ho citato per i nostri lettori. Due sono i suggerimenti che il vescovo francese ci propone.
Innanzitutto è necessario superare l'incoscienza. C'è, infatti, chi procede per le strade dell'esistenza senza precauzioni, senza attenzione, senza riflessione. Il principio formulato da Gesù sull'equilibrio tra le qualità di semplicità e spontaneità della colomba e quelle di astuzia e di abilità del serpente rimane sempre valido per tutti. Troppo spesso ai nostri giorni ci si butta a capofitto in situazioni pericolose, con una superficialità sconcertante, scambiata per coraggio e indipendenza. Ma c'è un'altra nota da aggiungere: una volta che si è incappati in una situazione complessa e difficile, non ci si deve avvilire, deprimere o demoralizzare. È allora che si vede il vero carattere di una persona, la sua fibra genuina, la sua capacità di lottare e sperare. Diceva un altro scrittore più vicino a noi, Hermann Hesse: «Per vie senza pericoli si mandano soltanto i deboli».
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