sabato 5 marzo 2005
Un soldato chiese ad abba Mios se Dio accoglie davvero un convertito. Mios gli replicò: «Dimmi un po': se il tuo mantello si strappa, tu lo getti via?». «No, rispose il soldato, lo rammendo e continuo a usarlo». Disse allora il maestro: «Se tu hai pietà del tuo mantello e lo conservi, Dio non avrà pietà e non terrà cara la sua creatura?». Da quel repertorio sterminato di memorie e detti dei Padri del deserto, eremiti che amavano la solitudine per l'incontro con Dio e con se stessi, traggo questo apologo sulla conversione e sul perdono dei peccati, tema caro al periodo quaresimale che stiamo attraversando. Nel Vangelo di Matteo si applica a Gesù una frase che il profeta Isaia aveva riferito al Servo del Signore, figura misteriosa riletta in chiave messianica dal cristianesimo: «La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante» (12, 20; Isaia 42, 3). Cristo, dunque, non allontana da sé chi è in crisi o è sulla via della morte spirituale, nella convinzione che sono i malati che hanno bisogno del medico e che egli è venuto a salvare proprio chi agli occhi degli uomini era perduto. In una società efficientista contano solo le forze vivaci, le lingue svelte, i personaggi impeccabili. Nell'orizzonte di Dio sono, invece, soprattutto i malati fisici e spirituali ad essere oggetto di attenzione, sono loro ad essere curati con premura e a loro è offerta un'altra possibilità. È, questo, un appello alla fiducia e alla speranza, sempre e comunque, perché, come ancora diceva il Signore, «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diverranno bianchi come neve; se fossero rossi come porpora, diverranno come lana» (Isaia 1, 18).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: