venerdì 23 febbraio 2007
Assumi le sembianze di un casto fiore. Ma sii la serpe che si nasconde sotto.Sto preparando un libro sui sette vizi capitali e sono arrivato al quarto dell"elencazione tradizionale, l"ira, e per esemplificarlo nella storia della letteratura, sono ricorso all"indimenticabile tragedia di Shakespeare, Macbeth. Sto rileggendo il testo e nella scena III dell"atto I ecco queste terribili e gelide parole di quella specie di Eva satanica che è Lady Macbeth, la «superstrega», come la chiamava Goethe. Essa non esita a dubitare persino del suo pur feroce marito: «Temo della tua natura perché è troppo imbevuta del latte della bontà umana». E la sua lezione è ben illustrata dai due versi citati, lezione spesso messa in pratica nella storia in mille forme: sembrare fiori candidi all"esterno, ma nell"intimo essere vipere pronte a colpire senza pietà.Certo, è vero che nei Vangeli si legge che bisogna essere «semplici come colombe e prudenti come serpenti» (Matteo 10, 16). È l"appello a superare l"ingenuità e la malizia, i due estremi negativi, per possedere invece la semplicità non calcolatrice e la saggezza vigile. Non per nulla la prudenza è una virtù, col suo corteo di scrupolosità, cautela, accortezza, avvedutezza. Detto questo, bisogna però riconoscere che in una società conflittuale come la nostra l"insegnamento di Lady Macbeth è ben più popolare e svela tutta la sua perfidia.  Si è diventati sospettosi di ogni persona perché ciascuno di noi per primo è pronto ad attaccare, anche quando si ostenta una pacatezza e una ragionevolezza esteriore. L"eccesso della polemica in politica ne è un esempio, che dilaga nei comuni comportamenti spesso ipocriti e quindi falsi e cattivi. «Sia invece il vostro parlare: sì, sì; no, no. Il di più viene dal maligno» (Matteo 5, 37).
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