martedì 23 agosto 2005
Quando un uomo punta il dito accusatore contro qualcuno, dovrebbe ricordare che le altre quattro dita sono dirette a se stesso.Questo monito piuttosto incisivo è di un noto avvocato americano,  Louis Nizer. L"emblema del dito accusatore è una componente essenziale del panorama morale, nel bene e nel male. Da un lato, infatti, c"è la coraggiosa denuncia del Battista che non teme, nel silenzio timoroso e complice dei sudditi, di puntare l"indice contro Erode Antipa dichiarando: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello» (Marco 6, 18). D"altro lato, c"è l"ipocrita denuncia fatta contro l"adultera da scribi e farisei, che Gesù riesce a ritorcere contro la loro coscienza falsa: «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei» (Giovanni 8, 7).     Ecco, allora, la necessità di fissare l"attenzione su se stessi prima di ogni accusa, ricordando quelle quattro dita piegate verso il proprio io e le sue miserie. Ancora una volta è illuminante Cristo col celebre detto della pagliuzza nell"occhio del fratello e della trave conficcata nel nostro. A questo proposito si può meditare su un"altra battuta. Si trova nel libro In margine a un testo implicito (Adelphi 2001) dello scrittore colombiano Nicolas Gomez Dàvila (1913-1994): «L"uomo preferisce discolparsi con la colpa altrui piuttosto che con la propria innocenza». Quante volte, infatti, ci sentiamo sereni e superiori a chi riteniamo più colpevoli di noi, dimenticando che il vero confronto dev"essere tra la colpa e quell"innocenza che in realtà anche noi non abbiamo.
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