domenica 17 febbraio 2019
«Se le mie sono vaghe parole, non provate a chiarirle. Nebuloso e vago è il principio di ogni cosa, ma non la fine; e allora ricordatemi simile a un principio. La vita, e tutto ciò che vive, non è concepito nel cristallo ma nella nebbia. E chi sa se il cristallo non è la nebbia svanita?» Khalil Gibran, nato in Libano, cristiano maronita, vissuto negli Stati uniti, è un
autore di successo planetario con il suo libro Il profeta, figura con la quale fu identificato da più generazioni. Mistico, influenze islamiche e di altre religioni, inviso alla cultura razionalistica, illuministica, rappresenta un'esplosione di vitalità visionaria in un secolo, il Novecento, ove predominano psicoanalisi, e letture scettiche del reale. Forse per questo il suo successo presso studenti, movimenti di protesta non ideologizzati. Gibran è simbolo di una visione della realtà come mistero, e che solo i profeti possono interpretare. Non
la pretesa di chiarezza assoluta, ma accettazione dell'oscurità misteriosa del mondo. Le parole
che qui leggiamo non sono comunque un inno all'oscurità, ma un invito a accettare la complessità del reale, dove anche il cristallo, simbolo di trasparenza assoluta forse è il prodotto di nebbia svanita. Senza la quale la trasparenza e la lucidità non sono conseguibili.
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