lunedì 10 giugno 2002
Molte volte più nelle piccole cose che nelle grandi si conoscono i coraggiosi. Fino al giorno della morte, nessuno può essere sicuro del proprio coraggio.Ecco due frasi accomunate dallo stesso tema, il coraggio, una realtà non sempre da lodare perché non di rado può essere solo incoscienza. Alberto Moravia in uno dei suoi Racconti romani, intitolato appunto "L"incosciente", scriveva: «Non c"è coraggio e non c"è paura. Ci sono soltanto coscienza e incoscienza. La coscienza è paura, l"incoscienza è coraggio». Ma senza giungere a questo ribaltamento paradossale, le due considerazioni sopra citate aiutano a ridimensionare un"esaltazione acritica del coraggio. La prima frase è tratta dal Cortegiano di Baldassarre Castiglione (1478-1529). La lezione è chiara: essere fedeli, coerenti, pazienti, costanti nelle piccole cose è molto più arduo e degno di ammirazione di quanto sia essere coraggiosi in un atto estremo, clamoroso, compiuto in stato di ebbrezza e di esaltazione. In questo senso sono più "coraggiosi" tanti padri e madri che passano la vita nell"impegno severo e continuo per la loro famiglia che non l"eroe patriottico che compie il gesto audace in un impeto veemente. E qui vien giusta l"altra frase che traggo dal famoso dramma Becket e il suo re del francese Jean Anouilh (1910-1987). È la storia del primate d"Inghilterra, che diverrà santo proprio per il suo coraggio di opporsi a un ordine immorale del re. È di fronte alla morte che egli sperimenta cosa significhi veramente essere coraggiosi e quindi sereni. Le piccole prove della vita, i contrasti e le fatiche impallidiscono di fronte a quell"istante da vivere con fede e dignità.
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