giovedì 12 maggio 2022
A un'occhiata distratta potrebbe sembrare una famiglia in gita in montagna, tanto sono tutti imbacuccati in giacche e berretti. Poi, di quella madre con quattro figli sulla prima pagina del "Guardian" vedi gli occhi. Le due sorelline bionde con lo sguardo fisso nel vuoto, il fratello con le pupille sbarrate, la piccola, in braccio alla mamma, con lo sguardo basso, non più curiosa come lo sono i bambini piccoli. E la madre, negli occhi grigi ha polvere e rovine, e opprimenti soffitti di cemento: il marchio di un'aspra sofferenza stampato addosso.
Dalla Azovstal i cinque arrivano a Zhaporizhzhia, sono rimasti là sotto due mesi. In gallerie cieche, nello schianto delle bombe: dormendo più che potevano, dicono, perché quando si dorme non si ha fame (e perché dormendo non si pensa. Anche se si possono fare terribili sogni).
La foto sul "Guardian" ti si inchioda negli occhi: le due sorelline così smagrite, così assenti, ancora immerse in un'interminabile notte. Vengono in mente, sussulti, le facce dei prigionieri dei lager, dei gulag. Ma, quanto a quelli, noi da ragazzi ci dicevamo che i nostri genitori, i nostri nonni non sapevano. Della Azovstal, delle centinaia di feriti e moribondi ancora là sotto, sappiamo tutti. Eppure, non succede niente.
77 esimo giorno, il mondo attorno non si è abituato forse? Se proprio ai tg certe immagini fanno troppo male è un attimo, cambiare canale.
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