giovedì 16 marzo 2006
Regala un cavallo a chi ti assicura che dirà sempre la verità. Ne avrà bisogno per fuggire quando scoprirai che avrà sempre mentito. A fine anno ricevo sempre una ventina di agende e agendine di ogni genere e qualità (e non tutte di facile uso). Alcune recano in capo o in calce a ogni giorno una citazione. Sfogliando quelle frasi - ahimé spesso banali - mi è capitato sotto gli occhi questo detto che viene attribuito agli indiani Sioux d'America, quelli che hanno popolato i western della nostra adolescenza. L'asprezza della considerazione la rende autentica: la sapienza popolare, infatti, non indulge all'encomio e al «buonismo», ma spesso punta sui vizi per sbeffeggiarli. E bisogna riconoscere che quasi sempre tocca nel segno. Chi non ha sperimentato la delusione di essere stato ingannato da un amico che ti aveva promesso fedeltà e verità? Ma al tempo stesso anche noi talvolta abbiamo promesso sincerità e schiettezza e poi ci siamo impegolati in doppiezze e falsità. Ostentare lealtà e verità è, purtroppo, un esercizio che deve mettere in sospetto il destinatario. È quella malattia dell'anima che Gesù bollava senza attenuanti, cioè l'ipocrisia, un atteggiamento «diabolico», se è vero che Satana è «il padre della menzogna». E la menzogna è proprio chiamare bene il male e male il bene, come ammonisce Isaia (5, 20). Quando, poi, si entra in questo regime dell'inganno sistematico, è difficile strapparne la rete. Goldoni, nella sua commedia intitolata appunto Il bugiardo, osservava giustamente: «Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorire cento». E alla fine, l'unico rimedio rimane proprio il cavallo dei Sioux!
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