mercoledì 30 aprile 2003
Da un tempo in qua io non dico mai quello che io credo, né credo mai quel che io dico e, se pure mi vien detto qualche volta il vero, io lo nascondo fra tante bugie, che è difficile a ritrovarlo. Così, senza nessun pudore, Machiavelli scriveva all'amico Francesco Guicciardini, quasi vantandosi di essere un bugiardo sistematico. La sua, d'altronde, era un'attitudine che nasceva da un pessimismo radicale nei confronti dell'umanità e da una conseguente spregiudicatezza ammantata di realismo. Certo è che la calda protezione della menzogna nei momenti di paura può essere una forte tentazione, tenendo comunque ben conto del famoso detto sulle pentole e i coperchi del diavolo o più lapidariamente del verso di Corneille nel suo dramma Il bugiardo: «Il faut bonne mémoire, après qu'on a menti», bisogna essere dotati di buona memoria, dopo aver mentito! La civiltà dell'immagine e dell'apparenza ci induce, comunque, all'inganno, fino a giungere all'estremo di mentire a se stessi. Ci sono persone (e non solo alcuni politici) che si convincono delle menzogne che propinano agli altri, a furia di sfornarne e di renderle sempre più raffinate. Come è remoto il "sì, sì; no, no" evangelico, nella certezza che ormai è l'alterazione della verità ad avere successo! Ritrovare la via della sincerità è, dunque, arduo, anche perché essa è coperta di ortiche ed è scambiata per ingenuità e persino per stupidità. Trovare il coraggio dell'onestà intellettuale e pratica è un esercizio degno dell'uomo, anche se costoso.
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