venerdì 10 novembre 2006
Entrate annue: venti sterline. Spese annue: diciannove sterline e mezza. Risultato: felicità: Entrate annue: venti sterline. Spese annue: venti sterline e mezza. Risultato: miseria. Mi avvolge un velo di malinconia, sfogliando un vecchio libro impolverato, perché mi riporta ai giorni della mia adolescenza. In quegli anni, infatti, avevo letto il romanzo David Copperfield che quel grande scrittore inglese che è stato Charles Dickens aveva pubblicato nel 1850. Affiorano i ricordi delle lacrime a stento trattenute per il piccolo David maltrattato dal patrigno crudele, dal maestro tirannico, da un lavoro umiliante. Oppure le emozioni per la fuga e per quella nuova vita più luminosa ma altrettanto tormentata che l'attende. Girando le pagine, mi imbatto nel curioso elenco che sopra ho citato e non resisto alla tentazione di trascriverlo oggi. È, certo, un modo molto semplificato di presentare l'economia; ciò non toglie che abbia una sua verità oggettiva sia per i colossali bilanci di uno Stato sia per quelli, ben più modesti, di una famiglia o di una persona. L'indebitamento allegro - non è necessario
essere economisti per capirlo - alla fine genera miseria. Le illusioni delle "scatole cinesi" approntate da tanti speculatori finanziari si rivelano per quello che sono, vuoti contenitori che disseminano sventure soprattutto sulle persone deboli e indifese. Ritornare al rigore nella spesa pubblica e privata, contro la costante ossessione pubblicitaria del consumo, è dunque un appello non solo razionale ma anche morale. Sprechi, esigenze ingiustificate, mode costose e vane sono una sorta di china che ha come approdo solo la miseria e, non di rado, l'aggravio per la società che deve raccogliere anche queste cicale.
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