venerdì 4 dicembre 2015
In un libro antologico curato da Michele Colucci e Stefano Gallo per la Morcelliana, L'emigrazione italiana. Storia e documenti, ritrovo testi che conoscevo e scopro testi che ignoravo, di italiani - scrittori, studiosi, testimoni - sulle migrazioni italiane all'estero e anche all'interno "prima dell'Italia" e dopo, sino a oggi. Sono materiali appassionanti per chi voglia capire il nostro passato e il nostro presente, e cioè la storia di chi ha dovuto lasciare l'Italia per trovare qualche sicurezza economica per sé e per i suoi nel corso dei decenni e ormai dei secoli, ma anche per vergognarci dell'insensibilità odierna dei nostri connazionali nei confronti di tanti che vengono in Italia, affrontando rischi e difficoltà peggiori di quelli dei nostri vecchi connazionali. L'Ottocento e il Novecento, l'estero e anche l'interno, dati e documenti: un panorama che permette scoperte, ricordi e riflessioni, e in cui trovano posto anche alcuni testi letterari, per esempio di De Amicis (da Sull'Oceano, ma ricordo che Dagli Appennini alle Ande è un raro gioiello della nostra tradizione scolastica, forse l'unico testo sui destini dei nostri migranti che è stato presente per decenni nelle scuole, e per di più avente a protagonista un bambino) a uno scrittore che ho conosciuto e amato, e che oggi è troppo dimenticato, il calabrese Saverio Strati (e non Striati come è scritto nel libro), che l'emigrazione italiana all'estero visse e narrò in romanzi come Noi lazzaroni e altri. Strati ha scritto anche un romanzo sull'infanzia di due bambini meridionali nel mondo contadino del secondo dopoguerra, Tibi e Tascia, cioè Tiberio e Teresa, che sarebbe ora di ripubblicare. E calabrese fu un poeta ugualmente dimenticato, Franco Costabile, autore di un poemetto dedicato alle migrazioni dal sud verso il nord negli anni del boom: «Ce ne andiamo/ con dieci centimetri/ di terra secca sotto le scarpe/ con mani dure con rabbia con niente./(…) Via/ Via!/ Via/ dai feudi/ dagli stivali dai cani/ dai lunghi mantelli./ Via/ Via!/ Via/ dai baroni…».Pensando ai nuovi migranti che vengono qui da noi, ricordare questo passato suscita insieme pianto e sdegno. Un brano dell'antologia evoca l'esperienza londinese di una scuola per migranti italiani fondata da Giuseppe Mazzini, e proprio tra due giorni a Roma un'esemplare iniziativa dello stesso stampo, Asinitas, festeggia dieci anni. E si tratta sempre di volontari, non di cose di Stato.
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