venerdì 13 giugno 2014
Einaudi
ha dato alle stampe uno dei suoi titoli di maggior successo in una nuova, egregia
traduzione di Matteo Colombo: Il giovane Holden di J. D. Salinger, del misterioso Salinger morto
4 anni fa. È la terza, dopo quella di Jacopo Darca (Casini 1952: Vita da uomo) e quella di Adriana Motti
del 1961, ed è bella e godibile, ma è dubbio che possa esserci oggi un forte
ritorno di fiamma per questo romanzo. Le peripezie del giovane Holden Caulfield
in giro per New York alla ricerca di se stesso sono quelle eterne dell’adolescenza,
è vero, ma è il contesto a presentarsi diverso: gli adulti, i coetanei, la
sorellina di Holden sono ancora personaggi veri e credibili, ma è come se fosse
cambiata la musica di fondo, anzi il sound. Le occasioni di distrazione sono invadenti e pervasive e gli Holden
di oggi devono faticare nella difesa della possibilità di pensare, riflettere,
elaborare. Il titolo originale del romanzo, polivalente, The catcher in the rye, può venir tradotto «Il raccoglitore
nella segale», come fece chiamando un suo prezioso saggio sul lavoro con gli
adolescenti un giovane educatore e psichiatra di eccezionale simpatia e vigore,
Marco Lombardo Radice (Marco morì nell’estate 1989, appena quarantenne; il suo
intervento fu raccolto nel 1991 nel volumetto Una concretissima utopia. Ma chi raccoglie ora, nel
profumo della segale, gli adolescenti che cercano, che cadono? Dei personaggi
adulti che il giovane Holden incontra egli era portato sanamente a diffidare, e
anche quando la sua diffidenza poté sembrarci eccessiva, leggendo il romanzo la
capivamo e approvavamo (cosa penserebbe oggi Holden della «scuola di scrittura»
che porta il suo nome, e dei tanti adulti che potremmo chiamare acchiappatori, non
raccoglitori...). La diffidenza degli adolescenti verso gli adulti è più giustificata
che mai, anche se mai come oggi hanno bisogno di incontrare adulti responsabili
e onesti nei loro confronti. Gli adolescenti di oggi sono più frastornati di
quelli di ieri, e quelli «borghesi» come Holden sono i più «protetti», e cioè i
più raggirati, indirizzati verso un’età adulta di conformismo e cinismo. Un modo
di comportarsi adulto sarebbe quello di saperli ascoltare e di rifiutarsi,
sempre, alla menzogna, ma questo vorrebbe dire avere adulti che non mentono
neanche a se stessi.

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