giovedì 2 ottobre 2003
Angelo della luce, ardente, vieni, e con la tua spada/ dà fuoco agli abissi ove giace l'angelo sotterraneo delle mie tenebre./ Che fendente nell'ombra! Scintille multiple mi penetrano nel corpo"/ Vola lungi da me, Lucifero oscuro/ delle cave di pietra senz'aurora,/ dei pozzi senz'acqua, dei fossi senza sogno/ ormai carbone dello spirito"/ Brucialo, angelo della luce, mio custode,/ bruciami e fuggi. È morto nel 1999 a 97 anni nella sua deliziosa città nativa, la spagnola Cadice, il poeta Rafael Alberti, andaluso come García Lorca, esule a lungo durante il franchismo anche in Italia. Nel giorno dedicato dalla liturgia agli angeli custodi abbiamo attinto a una sua giovanile raccolta poetica (1927), intitolata Sugli angeli. Abbiamo scelto alcuni versi che rappresentano in modo incisivo la lacerazione che squarcia l'anima di ogni creatura umana. Da un lato c'è l'"angelo della luce" che ci guida al bene, alla speranza e ci infiamma col suo ardore d'amore. D'altro lato c'è invece "l'angelo sotterraneo delle tenebre", il "Lucifero oscuro". Egli ci conduce in antri cupi ove non filtra mai la luce dell'aurora, ci fa correre verso pozzi aridi illudendoci di dissetarci, ci fa precipitare in fosse in cui si giace inerti, senza un ideale. L'invocazione rivolta all'angelo custode è appunto quella di bruciare la nostra perversione e di incendiarci di luce e di amore. Certo è che la nostra esistenza è continuamente sospesa tra pace e tentazione; sentiamo spesso due mani che ci afferrano e ci strattonano verso mete antitetiche. Entrambe possono sembrare affascinanti, ma noi sappiamo che una sola è quella giusta ed è sorgente di vita. Anche san Paolo nel capitolo 7 della Lettera ai Romani dipinge questa intima tensione ma ha una certezza: «Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!».
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