giovedì 16 giugno 2011
Il massimo sforzo dell'amicizia non è quello di mostrare i nostri difetti a un amico, ma quello di fargli vedere i suoi.

Chi desidera trovare ogni giorno uno spunto di saggezza per la vita, oltre alla Bibbia, può tenere sul suo comodino le Riflessioni o sentenze e massime morali (di solito abbreviate in Massime), che nel 1664 pubblicò il duca de La Rochefoucauld, uomo d'arme e di corte, ma anche intellettuale moralista, acuto e non di rado ironico. A lui anche noi ricorriamo oggi, come già abbiamo fatto in passato, per questa considerazione sull'amicizia, una realtà rara e preziosa. Infatti, non lasciamoci illudere dall'inflazione del termine "amico" distribuito a piene mani in politica, nelle relazioni sociali e nella stessa esistenza quotidiana. In molti casi vale l'amara esperienza del Salmista tradito da un «compagno, amico e confidente, legati com'eravamo da dolce amicizia». In verità, «più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore egli cova la guerra; più dell'olio sono fluide le sue parole ma in realtà sono spade sguainate» (Salmo 55, 14-15.22).
La Rochefoucauld segnala, invece, un aspetto delicato e imbarazzante – eppur necessario – dell'amicizia, quello della correzione fraterna alla quale anche Cristo ha riservato una sua considerazione articolata (si legga Matteo 18,15-18). Avere il coraggio non solo di essere sinceri svelando all'amico i nostri difetti, ma anche far emergere i suoi che egli, per la tipica e comune cecità causata dall'orgoglio, ignora: è, questa, un'operazione ardua e fin scabrosa perché si corre il rischio di infrangere il legame stesso dell'amicizia. Certo, per farlo devi avere prima la schiettezza di denunciare a lui i tuoi limiti, ma poi ci si deve inoltrare anche su questo terreno minato, con tutta la cautela, la lealtà, la finezza e il garbo necessari. I veri amici vedono i tuoi errori e ti avvertono; i falsi amici li vedono e li fanno notare agli altri.
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