mercoledì 12 marzo 2003
Se si uccide un uomo, si diventa un assassino. Se si ammazzano milioni di uomini, si viene chiamati conquistatori. Jean Rostand (da non confondere col drammaturgo Edmond Rostand) è stato un famoso biologo francese, nato nel 1894 e morto nel 1977. A lui devo la riflessione che oggi propongo e che ci riporta sul tema della guerra e, più in generale, della violenza. È difficilmente contestabile che i libri di storia sono dominati da personaggi che hanno inondato le strade del mondo con fiumi di sangue e, nonostante questo, anzi proprio per questo, sono celebrati come grandi uomini, geni politici, conquistatori ed eroi. È forse proprio questo il segno che morale e storia camminano su percorsi differenti ed è voce solitaria quella di Cristo e dei suoi seguaci che ripetono: «Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio!». Con buona pace del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset che riteneva «la guerra non un istinto ma un'invenzione», dobbiamo riconoscere che la violenza nasce dall'uso della libertà, un uso egoistico e superbo, segnato dal peccato. Nella Genesi si legge questa frase pessimistica: «La malvagità degli uomini è grande sulla terra e ogni disegno concepito dal loro cuore non è altro che male» (6, 5). Tuttavia il filosofo madrileno morto nel 1955 non ha tutti i torti. Nel cuore dell'uomo c'è anche un anelito di pace, di serenità, di generosità ed è proprio questo respiro dell'anima a far capire (purtroppo solo a sprazzi) quanto sia assurda la guerra, la devastazione, la morte e quanto sia frutto di una perversa "invenzione" lo spreco immane delle risorse terrene nella corsa alle armi.
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