martedì 24 maggio 2011
Cos'abbiamo noi più di loro? Arti un po' meglio finiti, un po' più di proporzione nell'aspetto, capacità di coordinare un po' meglio le sensazioni in pensieri. Poca cosa rispetto al molto che né noi né loro si riesce a fare e a sapere.

Era il 1963 e usciva un libro dell'ormai notissimo scrittore Italo Calvino. S'intitolava Giornata di uno scrutatore e prendeva spunto dall'esperienza di uno scrutatore durante le elezioni politiche in un seggio collocato all'interno del Cottolengo di Torino. Ho ripreso in mano quel testo e ho ritagliato una citazione che, nello stile sobrio e sostanziale di questo scrittore, coglie un nodo etico rilevante. Tutti nella vita ci siamo trovati di fronte all'handicap, spesso imbarazzati davanti a corpi tormentati, a reazioni inattese, a pensieri immessi su binari differenti rispetto alla nostra logica. Mai espressa ma sottesa c'era forse in noi l'intima soddisfazione di non essere ridotti in quello stato.
Calvino, però, ci rilancia la domanda di quello scrutatore: che cosa abbiamo in ultima analisi più di queste persone? Un organismo più coordinato e una migliore capacità di elaborazione. Se siamo sinceri, il poco in più di cui siamo dotati non ci permette di insuperbirci a tal punto da considerarci quasi dei re del creato. Basta un piccolo scarto cellulare di una ghiandola per annientarci. La natura con la sua potenza sovrasta noi e loro alla stessa maniera. I segreti custoditi nella realtà sono tali e tanti da superare infinitamente le nostre pur attrezzate facoltà mentali. «Siamo tutti mendicanti», affermava a ragione Lutero, e questo è alla fine ciò che ci accomuna, sani e disabili, tutti bisognosi della grazia, del dono e del sostegno divino.
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