domenica 30 marzo 2003
La vita può essere capita solo guardandosi indietro ma deve essere vissuta guardando avanti. Sono, dunque, due gli sguardi che il filosofo danese Soeren Kierkegaard (1813-1855) ci propone di effettuare per dar senso alla nostra vita. Il primo è retrospettivo, è un esame del passato, un vaglio di ciò che ormai è immutabile ed è alle nostre spalle. Se siamo capaci e desiderosi (spesso non si vuole
guardare più, neppure per un istante, a ciò che abbiamo fatto o pensato) di giudicare ciò che siamo stati, diventiamo pronti a correggerci, a emendarci, persino a convertirci radicalmente. Pensiamo alle Confessioni di sant'Agostino, uno sguardo fermo e acuto sul passato per trasfigurare il futuro. Anche se si è ridotta ormai solo a una battuta, c'è un'anima di verità nel celebre motto latino historia magistra vitae. Ma non basta sostare su ciò che è ormai trascorso e concluso; alcuni si lasciano prendere dalla nostalgia (parola greca che letteralmente significa "malattia del ritorno") e diventano inerti, malinconici o scoraggiati. La "ricerca del tempo perduto" non è solo il titolo della famosa opera di Proust, è anche un atteggiamento dello spirito che la Bibbia rappresenta nella moglie di Lot che guarda indietro e s'attarda bloccandosi. Bisogna avere il coraggio di andare avanti, di progredire, di passar oltre verso nuovi traguardi, ritrovando il gusto della ricerca, dell'attesa, della novità. «La cosa importante non è tanto dove stiamo - diceva lo scrittore americano Oliver W. Holmes (1809-1894) - quanto in che direzione stiamo andando».
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