domenica 8 dicembre 2002
L'occhio diventa puro quando è avvolto dalla luce del sole e riceve forza dal suo vigore e chiarezza dal suo splendore. In Maria la luce divina ha preso dimora come in un occhio, ne ha purificato lo spirito, raffinato il pensiero, santificato la mente e trasfigurato la verginità. Il fascino di un occhio, i riflessi misteriosi della sua pupilla, l'ammiccare segreto del suo sguardo, l'intensità dei suoi colori, tutto è dovuto alla luce che ci avvolge. È da questo organo così delicato e prezioso che sant'Efrem, uno dei maggiori poeti siriaci (uno storico antico ci informa che avrebbe composto nientemeno che tre milioni di versi!), vissuto nel IV sec., parte per intessere uno dei suoi inni mariani. All'occhio immenso e irradiato di luce egli compara Maria, l'immacolata madre del Signore, attraversata, impregnata, trasfigurata dalla luce divina proprio perché in lei è presente il Figlio di Dio. Nella Vita Nuova di Dante un capoverso di sonetto si apre così: «Ne li occhi porta la mia donna Amore». Certo, il poeta pensava all'amore umano, ma quella maiuscola ci permette liberamente di immaginare gli occhi di Maria come brillanti dell'Amore divino. Essi sono un'epifania della luce e dell'amore, le due celebri definizioni giovannee di Dio. Nell'odierna solennità mariana il grande cantore di Siria ci invita a scoprire la bellezza degli occhi di ogni creatura ma soprattutto di quella creatura unica che fu la madre di Cristo.
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