domenica 24 febbraio 2013
Thailandia, gennaio 2005 – La spiaggia di Patong oggi, venticinque giorni dopo lo tsunami, sembra un sogno: la sabbia candida abbaglia, l'oceano è splendido e limpido e calmo. Ma, per chilometri, nessuno.Già la spiaggia è stata ripulita e lisciata. E però, di quelli che hanno visto l'onda, più nessuno ha il coraggio di tuffarsi in quest'acqua che stamattina appare così mansueta, così innocente.A nord, lo tsunami ha distrutto i villaggi dei Morken, antica etnia che da sempre vive del mare. Fuori dalle baracche nuove stanno seduti i vecchi pescatori; immobili, fissano la linea blu dell'oceano, lontano. Sulle facce bruciate dal sole, lo sbalordimento: come avessero appreso che una madre amatissima non era, in verità, la loro madre. Come ha potuto, l'oceano, amico, compagno, pane, tradire?I bambini hanno disegnato l'onda: è altissima e nera, come la mano oscura di un gigante. Ma già i più piccoli vorrebbero tornare alla spiaggia, irresistibilmente attratti dalla linea blu all'orizzonte. Le madri scuotono la testa. Poi, cederanno. Solo i vecchi un giorno ricorderanno, ma li si ascolterà a fatica. I bambini nemmeno sapranno più, tanti anni fa, cos'è stato. Giocheranno di nuovo fra le onde, nella spinta scritta nell'anima degli uomini: che ogni volta ricominciano a sperare.
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