domenica 5 febbraio 2017
Mi torna spesso in mente una domanda della scrittrice Natalia Ginzburg su ciò che noi trasmettiamo alle nuove generazioni. La sua opinione è che pare che noi esauriamo il nostro ruolo nell'insegnamento delle piccole virtù, per poi astenerci, molto spesso, dal dire una parola su quelle grandi. E Natalia Ginzburg porta degli esempi. I genitori sentono certo il dovere di insegnare ai figli a risparmiare e a impiegare in modo parsimonioso i mezzi finanziari, ma sono meno sensibili all'insegnamento della generosità o anche dell'indifferenza al denaro quando c'è qualcosa in causa che nessun denaro può comperare. I genitori investono sulla trasmissione della prudenza, ma poco parlano del coraggio o del disprezzo del pericolo. Sono attenti all'astuzia, più che all'amore per la verità. Trovano che si debba affinare la diplomazia, piuttosto che un amore di abnegazione per il prossimo. Il desiderio di successo viene curato più del desiderio di essere e di sapere. È evidente che non si tratta di un problema unicamente dei genitori, ma che ha a che vedere con i modelli di felicità che la nostra cultura prevalentemente adotta. Quel che distingue oggi la nostra società dalle altre, contemporanee o del passato, è che per questa via ognuno si ritroverà molto più solo coltivando le grandi virtù che non scegliendo di fare della sua esistenza un cortile per le virtù piccole.
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