giovedì 28 settembre 2017
In quale data l'Europa ha smesso di parlare in latino? È una delle tante questioni che si sono poste gli storici, ma anche i linguisti e gli antropologi e alla quale cerca di rispondere il saggio La genesi culturale dell'Europa (Laterza 1994), dedicato alla tarda Antichità e all'alto Medioevo, allorché le antiche culture dell'Occidente (mediterranee, celtiche, germaniche e nordiche) si mescolarono fra loro per dare vita al processo di unificazione del nostro continente. Ne è autore Michel Banniard, docente all'università di Tolosa che nei suoi studi ha affrontato la nascita delle lingue romanze. Tornando al latino, per alcuni studiosi la lingua parlata popolare non era più latina già nel I secolo d.C., per altri è nella tarda Antichità che si afferma una separazione assoluta fra la scrittura latina e l'oralità collettiva. Altri ancora ritengono invece che le trasformazioni avvenute nella lingua parlata non l'avessero resa molto diversa dalla lingua scritta fino all'VIII se non al IX secolo: la latinofonia sarebbe così durata dalle origini di Roma fino all'epoca carolingia.
Banniard a sua volta ricorda che alla fine dell'Impero, fra IV e V secolo, «la letteratura latina conosce una seconda età aurea, quando fiorisce l'opera dei grandi scrittori latini cristiani. Nonostante la crisi che conduce l'Impero alla sua sconfitta in Occidente, l'intensa effervescenza delle idee che attraversa il bacino mediterraneo è favorevole a una vita intensa della latinità». Ambrogio a Milano compone inni che rivelano uno stile latino impeccabile, ma si dedica anche al sermo humilis quando rivolge la sua predicazione a fedeli del popolo. Così Agostino, un vero maestro della comunicazione, ci ha lasciato oltre un migliaio di questi sermoni, registrati al volo dai tachigrafi. In questi casi, per Banniard «il latino scritto, con la mediazione della voce del vescovo, è comunicato agli ascoltatori seppure incolti in condizioni di efficacia sufficienti perché si possa concludere legittimamente che la loro oralità non è irriducibile alla letteralità tradizionale». Man mano poi che la cristianizzazione penetra nelle campagne, al sermo humilis si sostituisce il sermo rusticus. I predicatori si sforzano di non respingere la lingua dei contadini nel limbo del non linguaggio, anzi la definiscono lingua senza ricercatezze, ma pur sempre latino.
Il periodo merovingio è caratterizzato da questi compromessi linguistici, messi in crisi dalla riforma carolingia che impone il ritorno alla regola latina e al rispetto della grammatica tradizionale. Tutti i cristiani devono imparare a memoria il Pater noster e il Credo: chi non lo fa viene punito con la frusta. Per Banniard questo sistema coercitivo conduce la massa dei locutori incolti a una reazione negativa e finisce per portare al divorzio fra scrittura e oralità, tanto che è in questa età che molti predicatori lamentano di non riuscire a completare la loro opera di evangelizzazione proprio a causa dell'incomprensione della lingua. È con la società carolingia insomma che si perde l'unità linguistica. Alla fine dell'800 il processo, che avviene con grande rapidità, è consumato. Attorno all'anno Mille poi compariranno le prime opere letterarie volgari, come la Sequenza di Sant'Eulalia e la Chanson de saint Alexis, poi Chanson de Roland.

Ma il volume di Banniard, oltre ad affrontare le metamorfosi linguistiche dell'Europa medievale, è soprattutto una difesa appassionata della tarda Antichità che non è più vista come un'epoca di decadenza ma di rinnovamento. Era stato Marrou ad aprire la via invitando gli storici a riconsiderare gli ultimi secoli dell'Impero romano, catalogati sotto la definizione negativa di basso Impero. Così anche il periodo che va dal V all'VIII secolo va rivalutato pensando all'opera straordinaria di salvaguardia culturale che si verificò. Protagonisti monaci e vescovi che non solo trasmettono la fede cristiana ma mettono in salvo la cultura classica. Si pensi a Isidoro di Siviglia in Spagna o al venerabile Beda in Gran Bretagna e san Bonifacio in Germania. È in quei secoli che avviene la fusione fra eredità latina e cristianesimo che sta a fondamento dell'Europa.
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