giovedì 8 ottobre 2020
Ogni volta che mi accingo a scrivere una nuova pagina di questo diario mi ritrovo a farmi la stessa domanda: ma, a chi mi legge, che cosa gliene importa di queste cose? È una domanda che faccio a me stesso, e me la pongo molto sinceramente, nel senso che non me lo chiedo per sentirmi di rimando adulato e riempito di complimenti. Davvero provo a immaginare che cosa possa interessare agli altri dei miei pensieri sulla malattia, e in conseguenza di essa delle mie paure e dei miei problemi, dei miei giorni spesso angosciati e angosciosi.
Quando, due anni fa, Francesco – mio collega da tantissimi anni – mi chiese se mi andava di raccontare la vita con la Sla ci pensai su quasi un mese prima di dirgli di sì. Non ho mai amato, anzi, per essere più precisi, ho sempre detestato grandi fratelli, isole, lettere spedite e ricevute, e tutti quei reality che vellicano voyeurismo e morbosità, dove si arriva a quel mettere tutto in piazza che caratterizza la nostra contemporaneità, dove tutto diventa pubblico, idee, emozioni sentimenti, situazioni, e dove c'è anche chi trasmette in streaming la propria agonia e la propria morte. Dove insomma più nulla è privato, dove non sembra esistere più uno spazio di rispetto, davanti al quale fermarsi dicendo: ok, oltre non si può andare.
Poi, appunto, un po' per le insistenze – poche e molto discrete, devo dire – un po' perché scrivere è stata la mia vita, finii per dire sì, come era del resto prevedibile. Ma il sospetto, o la vera e propria angoscia, di essere stato anch'io risucchiato nel gorgo di quel circo dominante non mi ha mai abbandonato. E, appunto, ogni volta sono lì a farmi le stesse domande che non hanno risposta.
Renata, da una vita collega e amica della Sala Stampa vaticana, nel suo lungo commento allo «Slalom» di quindici giorni fa, concludeva scrivendo che «della tua malattia hai fatto un grimaldello per spalancare la porta della speranza». Se davvero è così non può che farmi piacere, e questo dà una briciola di speranza in più anche a me. Ma le domande restano. Tutte.
(39-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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