giovedì 5 maggio 2022
Ho incrociato per strada una donna anziana, alta. Per un attimo, mi ha guardato come mi conoscesse. Non so perché, mi è venuta in mente Zaira. Zaira era, nel 1967, una giovanissima infermiera in una clinica milanese. Io ero una bambina che vagava nei corridoi, mentre mia sorella era ricoverata. Suore e infermiere mi tenevano con loro. Zaira, alta, bionda, i capelli a palloncino come Mina, giocava con me alla morra cinese.
Nel dormitorio, gineceo di ragazze che si smaltavano le unghie – da una radio la voce di Celentano – Zaira era la più bella. La sera davanti allo specchio si metteva il mascara e il rossetto, e si sorrideva. Le calze nere velate, i tacchi alti, in una scia di profumo se ne usciva nella notte. Fuori, l'aspettava un'auto elegante. Ridacchiavano le altre: "Quella cerca il colpo grosso. Vuole fare la signora…". A marzo mia sorella morì. Mai più vista, Zaira. Ai miei occhi era la giovinezza in persona. Dove sarà, a oltre settant'anni? È una signora in Riviera? O, alla fine, si è ritrovata sola? M'era venuta in mente nei giorni delle morti solitarie del Covid, senza un nome sulla tomba. Mi ritorna in mente in questi giorni di guerra e di dolore. Perché? Per quel suo uscirsene la sera a caccia, giovane lupa, senza paura. Per il ridacchiare delle compagne: "Cerca il colpo grosso…". Dove sarà Zaira? Mi piacerebbe ritrovarla, lei che alla morra cinese gridava "Forbice!" sulla mia mano aperta e rideva, ancora come una bambina.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: